Per raccontare il valore fondamentale della diversità, un diritto a cui non vogliamo rinunciare, abbiamo chiesto a due persone diverse, che arrivano da storie diverse e che hanno approcciato questo valore da due piani opposti, ma complementari.
Chiara Basso è coordinatrice dei servizi di Animazione per Bambini, Feste e Campus e del Vagone – bar sociale su rotaia, precedentemente ha lavorato per anni come educatrice al centro diurno SFA di Cascina Biblioteca ed è una favolosa giocoliera e maestra di Bolle.
Agnese Pennati è una caleidoscopica operatrice tra animazioni, campus per bambini e il Tempo Libero in Cascina, ma si occupa anche di tutti i volontari dei servizi della cooperativa, in quanto coordinatrice di Damatrà e delle nuove proposte di Volontariato aziendale, ovvero Team building di matrice sociale per aziende.
Inizia l’intervista doppia, entrambe si sentono un po’ imbarazzate, temono di non sapere cosa dire, ma presto scoprono di avere così tanto da dire che questo articolo non basterebbe.
Partiamo da qualcosa di “semplice”: il loro rapporto con Cascina Biblioteca. Lo riassumono attraverso poche parole e due immagini. “Dover tenere tanti piedi in tante scarpe diverse ma solide” propone Agnese; “un caos creativo, una sorta di magma primordiale, dal quale emergono elementi vivi, bellezza, istinti genuini come la terra, ma anche un magma al quale tu cerchi di dare una collocazione e un senso sociale”, risponde, invece, Chiara.
Alla luce delle loro parole, così immediatamente piene di passione, Agnese aggiunge che dalla presentazione risulta tutto molto divertente, ma in verità entrambe fanno due lavori molto seri. La diversità è una roba seria, parafrasando. E fa rima con varietà, spontaneità e anche con società, aggiungo io.
Per arrivare a fare considerazioni come quelle di Chiara e Agnese devi aver riflettuto molto bene e molto spesso su questi termini e sul loro utilizzo nella vita quotidiana, lavorativa e non.
Devi avere scelto di rifletterci sopra e, naturalmente, di averci a che fare. Ma quando e come scegli di arrivare a lavorare in un contesto sociale come questo? Sei tu a scegliere o, magari, vieni scelto per capacità, attitudini, titoli?
Le storie da cui arrivano Chiara e Agnese sono molto diverse e non possono, naturalmente, prescindere dalla considerazione della diversità come valore, e, ancora di più, come concetto da valorizzare.
Chiara ha scoperto la diversità un passo alla volta, durante la sua vita, relazionandosi ad essa con stupore e anche con paura e curiosità, a seconda delle esperienze. A un certo punto, studiando e vivendo, viaggiando e osservando, ha avuto come un’illuminazione e ne ha capito (sulla propria pelle) le potenzialità, ne ha subito il fascino, visto l’originalità. Ed è stato proprio allora che ha cambiato lo sguardo su di essa, la vita l’ha educata alla diversità, le ha insegnato il suo valore. Ha lucidato la sua superficie, come si lucida una vecchia coppa e l’ha portata a guardarla con nuovi occhi. “Sono convinta che tutti abbiamo già dentro di noi la possibilità di guardare alla diversità come valore, ma dobbiamo venire educati a farlo. Non su un piano soltanto scolastico, ma sociale, umano”, spiega.
Agnese, al contrario, è nata facendo subito amicizia con la diversità, respirandone in casa da subito il profumo dei pregi e dei vantaggi che portava con sé. Ha sempre dato per scontato che fosse un bene di valore e, dice, “forse per Chiara è stato più bello aver fatto questa scoperta e poi avere scelto di farla diventare una mission lavorativa e di vita. Guardare dentro il magma primordiale e provare a estrarre e dare ordine e prestigio a quello che c’è dentro.”
Chiara, in qualche modo, può educare il mondo a partire dall’esperienza che lei ha vissuto, direttamente. Ma nella società di oggi, multiculturale, globalizzata, quante persone nascono con l’apertura e la consapevolezza (forse prima inconsapevole) di Agnese e imparano a valorizzarla?
Entrambe lavorano perché “tutti accolgano la diversità come possibilità” e partono da due posizioni diverse, per farlo.
Penso che se Chiara è “l’insegnante”, Agnese le “costruisce la scuola, con le basi e le fondamenta”, se Chiara è “la condottiera a cavallo” che intraprende avventure nel mondo, Agnese è “l’ideatore delle mappe geografiche” da seguire per marciare sulle strade giuste.
E poi penso, fuori di metafora, che in Cascina Biblioteca tutti noi lavoriamo un po’ così, o come architetti del sociale o come cavalieri o capitani di ventura che operano per educare la società attraverso l’esempio della propria esperienza quotidiana.
Chiara, ad esempio, racconta del piacere che prova nell’accompagnare in società, ovvero in un mondo collaudato e strutturato con regole precise, una persona che ha altre regole, le proprie, non sempre allineate con quel mondo. Lei l’accompagna, poi guarda con attenzione il rischio che si innesca, veglia sulle reazioni, le resistenze sociali, le difficoltà di comunicazione nella richiesta, magari, di un caffè al bar o di che ore sono? sull’autobus. E dopo aver vegliato, infine, conduce entrambe le parti a incontrarsi e a conoscersi.
Quanto è utile che questo avvenga? Non è praticamente fondamentale in una società in continua evoluzione?
La riflessione di Agnese-architetto nasce, a seguire, proprio da questo esempio: è a quel punto, quando inizia la relazione tra i due mondi che anche le parole diventano importanti, che “diversità” assume un valore da non svalutare. Nell’incontro con la diversità, retaggi culturali e sociali portano chiunque non sia consapevole ad un atteggiamento un po’ paternalistico, compassionevole, caritatevole verso l’altro, un atteggiamento (“poverino”) che crea subito distanza nell’incontro che sta avvenendo. “Il fatto è che è tutto molto più semplice, in quell’incontro. Non serve che intervengano altri sentimenti, come la pietà: quello che sono io con determinate abilità non sei tu con le tue abilità, diverse. Tutto qui. Mi capita di insistere molto per spiegare questo aspetto ai nuovi volontari e ai lavoratori delle aziende che vengono a fare team building da noi. Siamo diversi, è vero, ma nell’uguaglianza umana.”
E Chiara aggiunge che porsi in un modo quale “io so fare-tu non sai fare” inserisce subito l’altro in una condizione di impotenza, senza nemmeno dargli la possibilità di dimostrare il contrario. Non c’è niente di più bello di quando, invece, questa possibilità si crea.
“Esistono, poi, ruoli come i nostri che supportano e sostengono e nel ruolo possiamo essere a livelli diversi, ma non è il caso di chi incontra, conosce e ha uno scambio semplice, umano”, conclude Agnese.
C’è senza dubbio una forte responsabilità sociale che risuona nelle parole di queste due donne e nelle azioni quotidiane di chi lavora in Cascina o nel mondo del sociale, del no profit, di chi è volontario e di chi è genitore e/o care-giver, perché no.
Lavorare ogni giorno con entusiasmo e dedizione, cura e fatica in nome di valori che stanno ancora colonizzando la società – e, lo fanno purtroppo, con tempi molto molto rallentati,- può essere un privilegio e un vantaggio, o almeno ci fa sentire privilegiati, accoglienti, aperti, come raccontano Chiara e Agnese.
E queste sensazioni, sicuramente, non finiscono con il termine della giornata lavorativa.
Come le loro parole, che proseguirebbero a far uscire… ma questa è un’altra storia. E pensare che non sapevano da dove cominciare.
Giulia
I valori di Cascina biblioteca sono raccontati anche attraverso le video-storie, in fondo a questa pagina!
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