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Il giusto valore di frutta e verdura

Quanto costa un chilo di pomodori biologici? Qual è il valore dietro il prezzo?

Da diversi anni il caporalato è un tema che torna spesso ad essere di rilevanza mediatica.

Come sappiamo, questa forma illegale di reclutamento della mano d’opera attraverso intermediari, appunto i caporali, porta all’assunzione irregolare e per brevi periodi di lavoratori, spesso stranieri, senza alcun rispetto della normativa del lavoro, né in termini di sicurezze, né di diritti salariali.

Anche noi di Cascina Biblioteca ci occupiamo di agricoltura biologica e il tema ci interessa molto. Perché anche noi dobbiamo assumere persone disponibili a lavorare nei nostri campi, un lavoro faticoso ed intenso; dobbiamo fare i conti con gli stipendi da pagare, le piantine e le semenze da acquistare. Senza contare che quando la produzione è biologica, vanno aggiunti i costi del rischio derivante dal mancato utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, che tendono a garantire una maggiore resa e a ridurre le possibilità di perdere il raccolto.

Ma qual è il costo di produzione di un ortaggio? Abbiamo chiesto a Thomas Giglio, responsabile Agrifood in Cascina Biblioteca, di prendere carta, penna e un foglio excel e ipotizzare uno scontrino trasparente, che illustri i diversi costi che concorrono, insieme, alla formazione del prezzo. Sono due le principali voci di costo: quello di materiali/produzione e quello del lavoro. Ad esempio, per 2000 kg di pomodoro cuore di bue, ecco i dettagli dei costi:

  1. Materiali: costi di acquisto delle piantine, teli bio per la pacciamatura, manichette, spago, dermazoto, fitofarmaco ammesso per il biologico (€ 323,10)
  2. Manodopera: costi per il personale che si occupa della preparazione della serra, del trapianto e della legatura delle piantine, della sfemminellatura delle piante, della scerbatura della serra, della raccolta e della preparazione dei pomodori (costo orario per la cooperativa, 13 € all’ora per un totale di € 2.392)

Considerando che una pianta di cuore di bue in agricoltura biologica dà circa 5 kg di prodotto, abbiamo una produzione teorica di 730 per 5 = 3650 kg. Ma dobbiamo naturalmente considerare una parte di prodotto danneggiato in pianta (marcescenze, attacchi di cimici, taglia troppo piccola ecc.), una parte danneggiata in negozio (perchè non si riesce a vendere tutto e i prodotti deperiscono) e poi una parte legata a eventi statisticamente probabili (quest’anno, per esempio, abbiamo avuto un attacco di fusarium che ci ha azzerato la produzione, per cui già a inizio agosto abbiamo dovuto tirar su la serra e ripiantare nuovi pomodori). Possiamo ragionevolmente scalare di un 15% la produzione per ogni fattore, per cui calcoliamo che dei 3650 chili potenziali noi ne vendiamo solo il 55%, ossia 2007. Eccoci quindi al dato: quanto costa produrre un chilo di pomodori “cuore di bue” e metterli in vendita? 2715:2007=1,35.

A questo dobbiamo aggiungere, appunto, il costo di vendita. Come calcolarlo? In un pomeriggio si vendono 100 chili di prodotti (ortaggi vari, non solo pomodori), quindi il costo per chilo è di 13 X 4 : 100 = 0,52 centesimi, che aggiunti al costo di produzione fanno 1,87 (vedi i dettagli nella tabella sotto). Mancano però gli ammortamenti (delle serre, dei trattori, della cella, del locale vendita) che possiamo quantificare in un 8% di tutti i costi e poi le spese generali, che in genere vengono quantificate in un 12%. Quindi abbiamo altri 0,37 euro al chilo che portano il totale a 2,25.

Ecco, 2,25 è il costo di produzione e vendita di un kg di pomodori biologici. Ovviamente, produttori molto grandi riescono ad ottenere economie di scala abbassando leggermente il costo, ma difficilmente un produttore bio ha dimensioni molto grosse. Inoltre, a questo costo andrebbe aggiunto il margine di impresa, perché se si vende al prezzo di costo difficilmente si resiste a lungo.

Chi vende sotto questo prezzo segue due strade:

  • fa dumping, che significa non rispettare le leggi in materia di sicurezza, diritti del lavoratore e tutela dell’ambiente, riducendo notevolmente i costi di produzione e potendo quindi garantire prezzi più bassi di quelli del mercato
  • risparmia su qualche voce, ma l’unica voce su cui è possibile risparmiare è quella della manodopera, pertanto c’è sempre qualcuno che paga ciò che non paga il consumatore

Chiaramente se scegliessimo di sostituire i 13 euro all’ora di costo del personale, con 5 euro all’ora, potremmo permetterci un prezzo decisamente più basso.

Conoscere tutti i passaggi della filiera produttiva, consente di non essere indotti a pensare che alcuni prodotti siano troppo costosi. Guardando lo “scontrino trasparente” è evidente che comprendiamo come non sia possibile che, talvolta, i pomodori siano venduti a 0,90 € al kg, nemmeno quando parliamo di agricoltura convenzionale.

“Fare il contadino sociale biologico costa davvero tanta fatica ma dà anche grosse soddisfazioni. Una delle più belle è quella di guardare i propri ortaggi è pensare che sembrano gioielli, nulla a che vedere con la “bigiotteria” che si trova sugli scaffali dei supermercati (quei pomodori smunti, quelle zucchine tutte uguali tutte tristi). Sì lo so, sento già le ironie di molti: il paragone con la gioielleria vale anche riguardo al prezzo! Battuta facile da fare ma ancor più facile da confutare” racconta Thomas.

Comprando prodotti biologici direttamente dal produttore la differenza di prezzo rispetto al convenzionale non è poi molta, intorno al 20%, perché gli aggravi di costo tipici del bio (più lavoro necessario, minor produzione) sono compensati dai risparmi dovuti alla filiera corta, al chilometro zero e alla stagionalità.

La seconda è che dentro quel prezzo ci sono anche importanti risvolti ambientali e sociali. “In agricoltura biologica si sostituisce il lavoro manuale alla chimica, che significa, ad esempio, che se per eliminare le erbe infestanti da un ettaro di campo convenzionale bastano 100 euro di diserbante e un paio d’ore di lavoro, nello stesso ettaro bio servono un paio di giornate di lavoro di due persone due volte al mese da aprile a ottobre. Lo stesso vale per la lotta contro gli insetti dannosi, perché non utilizzando i pesticidi di sintesi è necessario tempo per la raccolta manuale o per la preparazione di prodotti naturali (come i macerati)” continua Thomas.

Tutto questo ha una ricaduta immediata in termini di salute per il consumatore e per l’ambiente in generale (meno veleni nel piatto, meno nella terra), ma ha anche una conseguenza non meno importante per la società: si rimette al centro il lavoro manuale (adatto a tutti, anche alle persone con fragilità) a scapito della meccanizzazione che richiede grandi investimenti. In questo modo – rilanciando un’agricoltura sostenibile e a misura d’uomo – si fa anche ecologia sociale.

Naturalmente tutto ciò a patto che il lavoro non sia alienante (niente sorveglianti con la frusta in mano!) e soprattutto che sia retribuito in maniera corretta. Qui torniamo ai 13 euro di costo orario della manodopera, il che vuol dire che 4 minuti costano quasi 90 centesimi. Quattro minuti sono, in genere, il tempo necessario a raccogliere e preparare un chilo di pomodori, che bisogna selezionare (non troppo acerbi, non troppo maturi e che non abbiano danni da insetti), lavare e incassettare bene (la presentazione conta!) per poi portarli subito in cella frigorifera. Provate a fare lo stesso calcolo con verdure più leggere – come le lattughe – o più scomode da raccogliere, come i fagiolini.

Ma è possibile la creazione di una filiera biologica sostenibile economicamente e per l’ambiente? Sentiamo spesso parlare di consumo critico e consapevole, che si riassume nella frase “ogni volta che compri, voti”. Questa espressione riassume bene ciò che sta alla base delle diverse pratiche di consumo critico, che trovano nei GAS, i Gruppi di Acquisto Solidale, una delle espressioni oggi più conosciute. Nel corso degli ultimi anni il numero e gli acquisti dei GAS sono cresciuti, sono nate esperienze di coproduzione per proteggere la biodiversità, si progettano i DES, i Distretti di Economia Solidale, che diventano l’hub delle realtà di consumo critico sul territorio. Ma non è necessario appartenere ad un GAS, ciò che conta è acquistare dai produttori che lavorano in modo etico. Per questo crediamo sia importante diffondere la consapevolezza che anche noi (ora nella veste di consumatori e non più di produttori), con i nostri acquisti, possiamo scegliere quale sistema alimentare vogliamo sostenere. E, soprattutto, quale sistema vogliamo combattere.

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