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Lettera aperta dal lockdown

Gli educatori del CSE Campus di Cascina Biblioteca riflettono su comportamenti, relazioni e difficoltà dei mesi passati

Carissimi,

abbiamo pensato di scrivere a voi, persone che frequentano il CSE Campus, per condividere un lavoro di scavo dentro di noi alla ricerca di pensieri, emozioni, vissuti (sparsi qua e là in corsivo) attraverso interviste diverse dal solito, in forma di esperienze che coinvolgessero il corpo, e da lì noi stessi, il più a fondo possibile.

Nella quotidianità attuale a volte non si riesce, o forse più semplicemente non basta, sederci al tavolo per analizzare nel dettaglio come e se i mesi passati abbiano cambiato noi educatori e voi. Per il momento abbiamo provato, piuttosto, a ricordare ciò che è successo concedendoci a fatica un piccolo tempo di rielaborazione emotiva, lasciando riaffiorare con forza le memorie del lockdown e facendo sì che potessero risuonare nella pancia e nel petto.

In risposta alla domanda che per lunghi mesi ci siamo posti, “E tu come stai?” (titolo della Raccolta di foto e parole dall’11 al 19 maggio 2020 a cura di Mariaelena Gervasoni) le vostre voci ci raccontano di un’esperienza passata difficile ed estraniante, senza però farci dimenticare alcuni aspetti importanti perché positivi. Mentre riascoltiamo emozionati i vostri racconti, infatti, si rinforza ancor di più la nostra considerazione di voi come persone adulte con le vostre vite, preoccupazioni e problemi e non possiamo che rinnovare l‘ammirazione per la vostra capacità di vivere spesso le difficoltà nel modo migliore possibile, non senza che questo ci commuova.

Quella del lockdown con voi è stata un’esperienza – a voler essere sinceri – per alcuni aspetti fantastica: un’avventura al limite tra mondo lavorativo e non, insieme in un mondo tutto diverso, nei vostri mondi più da vicino, nelle vostre case in relazione stretta con le vostre famiglie, tra curiosità e imbarazzo che ci ha portato a fare insieme cose che non avevamo mai fatto prima.

Durante quel periodo di lontananza siete riusciti a riempire la nostra quotidianità ancora di più con le vostre emozioni e i vostri gesti. L’esperienza limitata ci ha permesso meglio, come operatori, di mettere a fuoco, di riflesso – come in uno specchio parallelo alla situazione critica – la nostra vecchia quotidianità, le cose fatte e dette insieme, il grande valore della scelta, la capacità e l’importanza di mantenere uno sguardo su tutti voi ogni giorno e a chiederci come poter tornare a mostrarvi le nostre/vostre possibilità come facevamo un tempo.

Quando è iniziata la chiusura con un improvviso strappo, abbiamo vissuto il distacco con grande preoccupazione: per la situazione pandemica, per il futuro incerto, per le nostre famiglie e per voiDopo il silenzio, piano piano abbiamo così ripreso a chiederci come poter usare il nostro sguardo perché potesse diventare il vostro a partire anche solo dal piccolo: ad esempio, se vedere la cascina dal nostro cellulare vi rendeva felici, da lì vi portavamo a vederla.

A distanza ci siamo immedesimati nei vostri movimenti interni ed esterni, lasciando che ci muovessero da dentro per sfidare il grande muro comunicativo della distanza, come  farebbe un pugile davanti a un colpitore da boxe; tutto questo attraverso la sola piccola finestra-relazione delle video-chiamate che abbiamo scelto di utilizzare intensamente per potervi vedere di più, posizionandoci volutamente alla stessa altezza, faccia a faccia, forse anche più alla pari, condividendo un’esperienza enorme esattamente allo stesso modo.

Proprio nel momento in cui tenersi per mano era, ed è, solo leggenda, grazie a voi abbiamo riscoperto quanto è bello anche solo potersi guardare negli occhi ogni giorno e quanto arricchisce anche solo un sorrisoEsiste per contro una leggenda cinese che descrive le relazioni tra le persone come un filo rosso: simboleggia il contatto nella distanza. Il lavoro da remoto lo è stato, ha reso le nostre relazioni ancora di più un lavoro di ricerca: provare a girare e rigirare le cose costantemente per rimanere in un contatto caldo seppur da lontano. Abbiamo riscoperto che in fondo, ricercare la relazione significa girarsi intorno e avvicinarsi in base anche a noi, alle nostre vite, a volte vicini, a volte alla giusta distanza. Questo filo ci ricorda che cosa è successo… ma esattamente che cosa ci è successo? Quanto siamo e siete stati elastici? Noi, le vostre famiglie, ma soprattutto voi. Durante questo periodo è emerso il piacere di sentirci anche tutti i giorni e di scoprire un feeling tra alcuni di noi. E’ emerso spesso il vostro sentire adulto di voler collaborare a casa per aiutare le vostre famiglie e di sentire i vostri compagni.

Ci ha stupito la vostra genuinità nell’affrontare i limiti meglio di quanto in fondo noi siamo stati in grado di fare. Ci ha sorpreso la vostra capacità di proiettarvi molto chiaramente nel futuro, nonostante il momento difficile, e di sapere bene quali sono le cose che vi rendono semplicemente felici. Ci ha meravigliato il vostro desiderio di andare, di liberarvi, di riprendere i vostri percorsi interrotti, di non voler essere visti come bambini, chiusi spesso nella vostra camera a fare le attività da remoto, ben nascosti dallo sguardo dei vostri genitori. Parlare con voi al telefono durante questi mesi ha significato anche a volte ritrovarsi nell’emergenza a raccontarci le nostre reciproche storie di vita e poter riscoprire quanto in fondo si somigliano.

E’ proprio lì che è diventato ancora più forte il desiderio (o il bisogno?) per noi di esserci per voi: sapevamo bene come ci eravamo sentiti quando ci sentivamo soli, quando non capivamo che cosa stesse succedendo, quando ci mancavano le nostre famiglie e i nostri amici. L’eventualità di una futura separazione ci spaventa perché in essa potrebbe mancarci la sensibilità che avete saputo dimostrare.

In questo momento:

Ci chiediamo se sapete quanto vi stimiamo

Ci chiediamo se ora, dopo quei mesi, siete felici

Ci chiediamo se al Campus state bene…

Ci chiediamo se vi sentite un po’ più cresciuti anche voi…

Ci chiediamo se sapete quanto vi vogliamo bene…

Vi salutiamo prima con un infinito grazie alle vostre famiglie, alle mamme, ai papà, alle sorelle, ai fratelli e agli operatori che hanno sostenuto insieme a noi il filo umano della connessione tra mondo della vita e mondo dell’educazione. E poi, con una domanda che non smetteremo mai di farvi e di farci: E tu come stai?

L’equipe del CSE Campus

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