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Mai da soli

La bellezza delle relazioni tra educatori e ospiti in Cascina Biblioteca

Sapevo di Albert, sì. Lo conoscevo eccome, da buon vicino dello spogliatoio verde…

Thomas, anni fa, mi diede la gioia di provare ad occuparmene un poco, aggregandolo per qualche ora alla settimana ad un gruppetto di ragazzi dello Sfa nel tentativo di dargli un porto dove approdare la mattina e farlo lavorare un po’, vista la fase discendente in cui si trovava.

Per qualche tempo (non pochissimo) la cosa funzionò e Albert veniva atteso da un paio di ragazzi, uno in particolare, Jacopo, che gli era affezionato. E in fondo Albert era “uno del verde” che se ne intendeva e poteva dare una mano nell’orto. Insomma, una buona alchimia!

Jacopo si prese a cuore Albert, poiché come sai anche lui tra le varie normalità, fastidiose a volte, tende a “sentire le voci” e la presenza di altre persone o “presenze” attorno. Si assomigliavano parecchio, insomma. E venuto a sapere delle difficoltà di Albert, soprattutto quelle di muoversi da casa per venire in Cascina, suggerimmo a Jacopo, per rendersi utile come desiderava, di aspettarlo e andare assieme a casa, poiché abitavano nella stessa direzione (e taaaac…piazzavamo anche un paio di gioiellini di intervento educativo formativo e di autonomia, mica da ridere!)

Jacopo, nemmeno a dirlo, illuminato nell’orgoglio, accettò di buon grado. Albert ne era contento. “Vieni Albert… tranquillo…dai…vieni” e rideva. E Albert “ma poi arriviamo giusto? E oggi è mercoledì e torno venerdì giusto?”

Bene, un giorno – era una bella giornata di sole – dopo aver mangiato in mensa, io e la collega vedemmo Albert e Jacopo che su una panchina sotto gli alberi, passata da tempo l’ora di andarsene a casa, scrutavano sereni l’orizzonte e i cavalli. Ci venne allora in mente una delle tante battute che sapevo piacere ai due, e quindi si andò in scena:” Oh, ma voi quattro quando è che andate a casa?!” Jacopo e Albert si guardarono, Jacopo già rideva guardandosi intorno… perché loro erano solo due, non quattro…Albert sorrise e chiese: “perché quattro?”

“Beh lui parla col Diavolo, te senti le voci, sarete minimo in quattro a rompere i coglioni su quell’ autobus ogni giorno!!!!” Ecco si fermò il mondo. Basta.

Scoppiò una risata talmente forte che io mai avevo visto Albert così in quelle settimane. Andarono via ripetendo ossessivamente quella cretinata per tutto il vialetto e io credo per tutto il viaggio, piegati in due come ragazzini delle medie. La cosa coinvolse anche altri personaggi lì attorno, che vennero resi edotti dai due della battuta e scoppiarono a ridere anche loro (credo senza capirla, la cosa fu del tutto ininfluente) e si creò questa scia delirante, con Jacopo e Albert che si allontanavano verso la mitica 925.

Giorni dopo si tornò a lavorare tra alti e bassi, per inerzia quella battuta e quella scena veniva ripetuta e aiutò un poco. Poi Albert tornò a doversi immergere in altri ossessivi problemi così come pure Jacopo. Verso nuovi tentativi, nuove battute, nuove fatiche e nuovi giorni assieme. Belli e brutti. Quella è una delle scene, delle immagini che più mi tengo stretta della mia esperienza in Cascina. Mi ha insegnato tanto e ogni volta mi insegna qualcosa di nuovo, come fosse un aforisma di Gramsci o una predica: la felicità in un attimo. Si può avere in quell’attimo la serenità di sentirsi accolti, liberi e felici. Non è detto sia così il giorno dopo.

Però è certo che quell’ attimo è alla portata di tutti. Compreso per quei due simpaticoni di Albert e Jacopo.

26 maggio 2022 – scritto da Riccardo Ferrario in ricordo di Albert

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