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Un anno in bolla – intervista doppia al Cse campus

Un anno difficile da riorganizzare in sicurezza: abbiamo chiesto a educatori e ospiti dei centri diurni com’è andata.

Vista l’emergenza sanitaria, il 2020 è stato l’anno della riorganizzazione per tutti i settori professionali e per le vite personali.

Il 2021 inizia ora a vedere qualche miglioramento, ma chi non uscirà cambiato dall’esperienza della pandemia?

Resilienza, trasformazione, igienizzazione, messa in sicurezza, distanziamento sociale: queste sono state le parole più pronunciate e le azioni più messe in atto durante lo stato emergenziale che ha cambiato il mondo.

In Cascina Biblioteca, ogni servizio è dedicato alle persone: di conseguenza tutto si è trasformato ed è stato riorganizzato nel piccolo e nel grande, non senza impegno e fatica. L’area abitare, il lavoro agricolo, le attività di ricreazione e socializzazione, le attività di ristorazione e commercio, così come i centri diurni e socio-educativi hanno subito una revisione importante.

Le linee guida ministeriali destinate ai centri diurni per persone con disabilità, centri socio-educativi, centri di formazione all’autonomia e centri di accoglienza diurna sono state molto nette da subito, sia di fronte alla chiusura necessaria che in occasione della riapertura, quando tutto ha ricominciato a funzionare organizzato in “bolle” di appartenenza.

Cosa sono le “bolle”? Si tratta di gruppi di 4/6 persone massimo con un educatore di riferimento che devono rimanere soltanto tra loro per tutto l’anno. Non possono entrare in contatto né mangiare con gli altri ospiti del centro, né possono condividerne i servizi, le attività, non possono uscire dallo spazio destinato alla bolla e non possono, soprattutto, abbracciarsi o toccarsi. La salute di tutti viene al primo posto ed è stato fatto quel che era necessario per tutelarla, naturalmente: gruppi separati significa eventuali contagi limitati solo al gruppo stesso.

In occasione delle riaperture, così, dopo aver trascorso il lockdown a casa seguendo le attività riprogettate on line dalle équipe educative dei centri, per gli ospiti dei centri tornare in presenza con delle limitazioni così forti è stato un bell’impegno. Lo è stato anche per gli educatori, responsabili delle proprie bolle e della salute di tutti, che hanno dovuto pretendere le limitazioni dagli ospiti.

Ora che è il mese di luglio 2021, che molti se non tutti sono stati vaccinati con una o due dosi, che la curva epidemica è calata tanto e l’aria estiva permette di respirare anche un po’ senza mascherina, abbiamo deciso di chiedere a educatori e ospiti com’è stata questa esperienza, nel bene e nel male.

La prima intervista doppia l’abbiamo fatta ad Anna e Chiara, rispettivamente ospite e educatrice del centro socio-educativo di Cascina Biblioteca.

Cominciamo a chiedere loro che colore assegnerebbero all’anno appena trascorso: per Chiara è stato grigio come una nebbia fitta, per Anna proprio nero, come i momenti bui che sente di aver vissuto, come la casa chiusa in cui è stata e come le bocche sotto la mascherina, sempre al buio.

“La libertà, per quanto stia tornando, dice Anna, non sarà più la stessa. Già settembre mi preoccupa.”

Gli obblighi e i divieti cui siamo stati tutti sottoposti sono stati tanti: per una donna come Anna, quel che l’ha  fatta soffrire di più è stata la presenza della mascherina, ma anche il non poter tornare a stare in gruppo con tutti i suoi compagni, perché obbligata in bolla.

Chiara, invece, racconta i grandi sacrifici fatti. “Dopo anni di lavoro per educare alle autonomie e rispettare le scelte degli ospiti del centro che ogni giorno sceglievano cosa fare della loro giornata, abbiamo spento il grande schermo tv del centro sul quale ognuno indicava le proprie attività e siamo tornati a non poter più offrire la possibilità di scegliere se non all’interno del gruppo di riferimento con un’offerta molto limitata. Non si potevano proporre esperienze sociali, se non in bolla, le possibilità di gestire le giornate erano più o meno sempre le stesse, con un priorità costante: sicurezza, sanificazione e igienizzazione.”

Chiara spiega che la gestione di un’emergenza come questa “ci ha portato ancor di più, come educatori, a vivere il limite nel limite: dividi lo spazio, i muri, crei le barriere che per il resto del tempo precedente hai lavorato per abbattere. Proponi il distanziamento quando prima insegnavi alle persone ad avvicinarsi e a collaborare.”

Non sono stati pochi, poi, i momenti di paura del contagio. “Ci hanno detto cosa NON dovevamo fare, ma mica ci hanno suggerito l’alternativa. Nessuno, a partire da ATS, ci ha detto: potreste fare così”. Questa difficoltà, tuttavia, ha generato creatività tra gli educatori: una volta che l’équipe non si è sentita sicura ha inventato nuovi modi per affrontare rischi e dubbi e oggi si sente soddisfatta. Come i pranzi, per esempio, che sono stati fatti con la propria bolla ognuno nei propri spazi anziché in mensa: una fatica maggiore, ma anche un maggior controllo della situazione.

“E tu, Anna, ti senti cambiata dopo questa avventura pandemica? Ti senti diversa?”

Anna è un po’ triste di fronte a questa domanda: “Io non riesco più a fidarmi degli altri, sì. Perché ora ho sempre il sospetto che l’emergenza possa di nuovo riprendere, perché qualcuno decide di non rispettare le regole. Così tutto torna come prima, il virus dilaga e ricadiamo nello stress e nell’ansia e torniamo chiusi in casa”.

Chiara offre ad Anna uno spiraglio di positività. Lei si sente rafforzata, invece, di una convinzione che già aveva: il lavoro educativo più è fatto di tante persone che partecipano alla crescita e alla socializzazione di qualcuno, più è utile e importante. “Le relazioni da vivere gli uni con gli altri sono una delle esperienze formative più importanti.

Anche la nostra creatività come équipe è stata resa possibile dall’ascolto reciproco e dall’aver fatto fronte comune e solidale di fronte ai problemi: ognuno può esporre una preoccupazione così come ognuno può lanciare un’idea. Ha aiutato questo anche lo spirito di adattamento dei nostri ospiti, come Anna, che hanno affrontato tutto con coraggio, come noi non immaginavamo potessero fare. Invece sono stati bravi e siamo stati tutti un vero gruppo e usciamo tutti, come Cse campus, più uniti da quest’esperienza così brutta che abbiamo condiviso insieme.”

Anna ringrazia Chiara e le canticchia “Più bella cosa non c’è… grazie di esistere”, di Eros Ramazzotti.

Ora, dopo tutta quell’oscurità, tra una riga di nebbia e l’altra, Chiara vede un po’ di strisce di luce sfilacciate, Anna un po’ di azzurro, come una risalita verso il cielo.

Avanti tutta Cse campus!

10 luglio 2021

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